venerdì 4 gennaio 2013

Il ritorno

Il ritorno.

 Intanto volevo scusarmi per la lunghissima attesa tra l'ultimo post e questo.
 Il ritardo clamoroso é dovuto al fatto che il ritorno non é mai facile e che una delle prime conseguenze di quando si torna dopo un lungo tempo, é la lunga sfilza di persone che hanno voglia di vederti e parlare con te, che occupa inevitabilmente tutto il tempo. Senza contare poi il carico di studio degno di una quinta superiore...!
 Comunque, visto che non ho piú scritto riprenderó da dove avevo lasciato e cioé il giorno della partenza.
 É stato in assoluto il momento piú forte ed emozionante di tutto l'anno.

 Dunque: Il 30 luglio sono partita dalla mia città, con destinazione Copenhagen per il campo finale con tutti gli altri studenti dal mondo che sono stati in Danimarca durante lo stesso periodo.
 Salutare la mia famiglia attraverso un finestrino di un treno che parte è stato uno dei momenti più emozionanti.
 L'idea di aver vissuto per un periodo così lungo con delle persone, averle conosciute giorno dopo giorno, poco alla volta, con fatica, per poi venir "strappata" via in modo perentorio e brusco da una situazione in cui finalmente, ti eri riambientata, è difficile.

 E' come se fosse stato insegnato ad un cane ad amare il pesce, con un sacco di fatica e allenamenti, e quando finalmente il cane capisce che non è poi male il pesce, quest'ultimo gli viene nascosto e negato.
 E' una sensazione pesante. Ti rendi conto, di colpo, di essere stato portato da un paese all'altro, così, un pò come un burattino o una marionetta. Ti è piaciuto il questo nuovo posto? bene, adesso torniamo.

 Ero alla stazione di Herning, quella mattina, assieme ad altre 4 studentesse, una cilena, una brasiliana, una venezuelana e una giapponese.
 C'erano le nostre famiglie e un amico, e in treno abbiamo incontrato altri amici.

 Comunque è stato un campo piuttosto triste.
Ci sono voluti 4 giorni perché ci rendessimo tutti conto di quello che ci stava succedendo.

 Il 3 giorno, come tutti gli altri, eravamo in piedi alle 7 del mattino, e come ogni giorno abbiamo fatto delle session a gruppi per discutere dell'anno appena trascorso.
 Non siamo andati a dormire quella notte e l'atmosfera, man mano si avvicinavano le ore del mattino, era sempre più pesante.

 Alle 3 del mattino i sudamericani hanno iniziato a partire.
 Il percorso era questo: si caricavano le valigie nel furgone, si scendeva al piano di sotto per la colazione, si tornava su a salutare gli altri (passaggio che comprendeva molti abbracci e lacrime) e poi si andava verso l'aeroporto.

 Sono partiti per primi i brasiliani, poi i messicani, e alle 5.45 noi italiani siamo scesi a fare colazione: era il nostro turno.
 Eravamo il gruppo più grande: 24 ragazzi, e questa è stata la nostra sfortuna.

 Con la scusa che eravamo troppi e che ci avremmo messo troppo a salutare i nostri amici (e quindi rischiare di perdere l'aereo), i volontari ci hanno fatto uscire dalla porta del retro, senza lasciarci salutare gli altri. Eravamo tutti stanchi per la nottata, lo stress della partenza, la paura del ritorno, e i pianti, e anche se abbiamo protestato, non c'è stato verso, e ci hanno portato via di forza.
 Io ero rossa, senza voce e piena di lacrime, da tanto avevo gridato contro la volontaria responsabile.

Appena mi sono calmata ho chiamato un'amica svizzera, e le ho raccontato quello che ci era appena successo.
 Dopo pochi minuti delle grida ci raggiungono: erano tutti gli altri studenti che erano scappati dalla scuola, e che per salutarci ci erano corsi dietro.
 Non ci credevamo, è stata una bomba: ci avevano raggiunti per salutarci.

 E' stata una scena degna di un film: loro, che ci rincorrevano, i volontari che le bloccavano per riportarli indietro, altri volontari che marcavano noi per farci andare avanti, e noi.
La scena si è risolta con grida di saluto e mani che si cercavano.

 In ogni caso, volenti o nolenti, siamo arrivati all'aeroporto.
 Fatto il check-in, i volontari ci hanno lasciato e siamo andati a prendere l'aereo.
 Per fortuna avevamo reagito tutti, e cercavamo di vedere i lati positivi del tornare il Italia, e alla fine non eravamo così restii all'idea di rivedere le nostre famiglie.
 In aereo poi tutti con le dita incrociate per essere vicino al finestrino e vedere la Danimarca sparire sotto di noi.

 Cambio a Zurigo: terrore.
 Il cambio era dovuto al fatto che i ragazzi italiani che abitavano nel Sud, atterravano a Roma, invece quelli che abitavano a Nord, a Milano, E quindi ci siamo divisi. Ovviamente ci siamo salutati nel posto più sbagliato: nel corridoietto largo un metro che conduceva verso due aerei in partenza differenti.
 Ma dovevamo farci riconoscere, insomma!

 Dopo i saluti e i baci di corsa, l'aero del Nord spaventa: praticamente era un autobus da 50 posti con le ali attaccate sopra che per quello che sapevamo, potevano essere incollate con la vinavil..
 Saliamo, e l' "aereo" decolla, magicamente. Ricordo che i sedili erano quelli degli autobus per le lunghe tratte, e che sono rimasta incollata al sedile col le mani sui braccioli per un bel pezzo, ma l'idea di vedere le Alpi (montagne!!!) ci ha riportati di nuovo tutti quanti verso i finestrini, come delle calamite.

 L'aereo scende e atterra nell'aeroporto di Milano. A luglio. Noi eravamo nell'ordine di idee che 25 gradi senza umidità era caldo. Come uscivamo dall'autobus-volante, l'umidità ci si incollava alle magliette. Tutti, ci siamo fatti quei 20 scalini per scendere sulla pista senza riuscire a respirare, eravamo morti.
 Aggiungendo poi l'effetto sardina nella navetta per andare al ritiro bagagli.
 E così, ormai svegli da più di 24 ore, eravamo ancora spinti a camminare solo dalla curiosità (la stessa che ci aveva portati lontano da casa) di rivedere i nostri genitori e risentire parlare italiano (senza renderci conto di quale trauma fosse in realtà). Ma eravamo ingenui! Speravamo noi che le valigie arrivassero! e invece no!

..E' stato comico.
 Come arriviamo il nastro inizia a girare.
 Primo giro.. secondo giro.. terzo giro..quarto giro..
 Continuano a non vedersi valigie... quinto giro.. sesto giro.. e poi.. colpo di scena!
 Una valigia blu petrolio scende.
 Nessuno viene a prenderla, e il nastro gira, gira, gira...
...altro colpo di scena: cade uno di quei sacchettoni orribili dell'Esselunga vinti con i punti, che, ovviamente, nessuno prende.
 Continua a girare e dopo 30 minuti che continuiamo a fissare il nastro trasportatore con inutile speranza, questo che fa? Si ferma.
 E sul display appare la magica scritta "Consegna bagagli terminata".

 Panico.

 Per fortuna c'era una guardia e chiediamo.

La risposta è stata: "non vi preoccupate, è solo un normale problema nella consegna. i vostri bagagli arriveranno a minuti."
 "NORMALE"????? Ma abbiamo capito bene?? Siamo nell' aeroporto principale di Milano (e non uno minuscolo di Campagna Lupia o posti spersi) e c'è un NORMALE problema?!

 Siamo rimasti allibiti.
 Il caldo e il ritardo erano i primi segni del nostro ritorno e iniziavamo a renderci conto di essere in Italia. Ma non era ancora finita.
 Dopo ben 45 minuti di attesa i bagagli iniziano a scendere, e l'adrenalina schizza su di nuovo.
 Saluti e baci prima di dirigerci verso l'uscita sono d'obbligo, dato che non ci saremmo nemmeno guardati una volta riviste le nostre famiglie.

 Col cuore in gola andiamo, e sono tutti là: corse per andare ad abbracciarli, e incredibilmente, sono tutti presenti.
 Nessuno manca all'appello.
 C'è anche un' amica dolcissima venuta a salutarmi.

 Pranzo. Pausa.
 E la vita continua.

Nessun commento:

Posta un commento